La determinazione del valore delle merci da dichiarare in dogana al momento dell’importazione è un aspetto di grande importanza per le aziende che acquistano beni da paesi extracomunitari. Su tale presupposto, infatti, vengono calcolati dall’ufficio doganale di importazione i diritti doganali dovuti.
Per svolgere questa operazione, innanzitutto, devono essere determinate le basi imponibili, la cui quantificazione dipende dai dati forniti dall’esportatore; dati che spesso sono individuati in maniera frettolosa o superficiale e che spesso non vengono verificati dall’importatore, dando per scontato che in caso di contestazioni da parte dell’autorità doganale, le responsabilità vadano comunque a ricadere sulla controparte o sullo spedizioniere doganale che ha svolto le formalità doganali.
Nella realtà dei fatti, in caso di dichiarazioni errate che dovessero portare ad un calcolo della base imponibile minore o ad una aliquota daziaria ridotta senza adeguata giustificazione, si può incorrere in sanzioni, anche gravi, che possono portare dall'accusa di evasione dazi e Iva, fino al contrabbando o al procedimento penale per falso ideologico.
Infatti, come previsto dalla normativa doganale, qualora venisse riscontrata, tra i diritti effettivamente liquidati e i diritti dovuti, una differenza superiore al 5%, sarebbe applicata una sanzione da 1 a 10 volte il valore della differenza riscontrata. Tale sanzione, nel caso in cui sia lo stesso proprietario delle merci a denunciare l’errore e quindi lo stato di irregolarità della dichiarazione (ravvedimento), non viene applicata.
Il valore delle merci in dogana viene definito dall'art. n.41 del reg.CE n.450/2008 come “valore della transazione”, ovvero “il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci”. Ed ancora “Il prezzo effettivamente pagato o da pagare è il pagamento totale che è stato o deve essere effettuato dal compratore nei confronti del venditore”.
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